Il sistema di sbarramento dalle esondazioni del fiume Bisenzio, e il complesso reticolo di gore che attraversano il territorio pratese hanno assolto nel corso del tempo molteplici funzioni di fondamentale importanza, consentendo lo sviluppo e la crescita delle attività laniere che hanno fatto conoscere Prato in tutto il mondo.

Secondo vari studi fatti in passato, la realizzazione di questo sistema di regimazione è riconducibile alle opere di bonifica realizzate nel periodo della colonizzazione romana; questa ipotesi sarebbe avvalorata dalla ubicazione di vari tratti di gore, sulle tracce dei limites della centuriazione, che al tempo era organizzata per assi perpendicolari e paralleli.

Le acque trasportate dal Gorone nel Medioevo erano utilizzate per la difesa, infatti alimentavano i fossati presenti lungo il perimetro sia della cinta maestrale, che del Castello di Federico II. Le gore oltre a fornire acqua ai fossati e alle cerchie difensive in città e nei borghi servivano per altri fondamentali compiti, come la bonifica, il drenaggio, l’irrigazione dei terreni coltivati e la produzione della forza motrice utilizzata dai mulini.  Lo strutturato sistema di gore e mulini che erano presenti sul territorio pose le basi nel Medioevo, per la diffusione di opifici idraulici denominati "gualchiere", dove la lana lavorata e  trattata produceva i cosiddetti "pannilana" esportati nel Trecento in tutta Europa.

Nel XVI sec. il sistema di presa delle acque fu spostato più a nord, in località Madonna della Tosse, con il fine di aumentare la potenza idraulica. Lo spostamento causò anche la scomparsa di una gora in riva sinistra, che alimentava alcuni mulini e che riconfluiva nel Bisenzio all’altezza della località di Gonfienti. L’operazione di spostamento tuttavia non ebbe gli esiti sperati, e poco dopo l’apparato fu riportato nella sede attuale di Santa Lucia.

Nel corso dei secoli sono stati molti gli interventi realizzati per mitigare gli effetti disastrosi delle piene torrentizie del Bisenzio. Nel 1630 dopo una devastante alluvione fu chiamato in causa anche Galileo Galilei, che in una lettera a Raffaele Staccoli dichiarava la sua contrarietà ad interventi di raddrizzamento del fiume, auspicando invece opere di pulizia dell’alveo dai detriti e depositi portati dalla corrente dell’acqua.

Vincenzo Viviani Capo della Parte Granducale per le risorse idrauliche, successivamente progettò la costruzione del muraglione a contrafforti di pietra, ancora visibile dalla Via Bologna.

Nel Settecento con le riforme granducali inizia un processo di riconversione dell’uso, che si evidenzia per tutto l’Ottocento, soprattutto all’interno della cerchia muraria, dove vari impianti molitori si trasformano in gualchiere (es. Via dei Tintori).

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