Immagine di Montalvo Casini
Alla guida del Metastasio diventò un punto di riferimento del teatro italiano tra il 1965 e il 1986. Diede vita a 'Il Teatro Studio', scuola di recitazione prima e poi mini compagnia stabile. Portò a Prato Giorgio Strehler e Luca Ronconi, intrecciò contatti con i più importanti teatri d'Europa, attirando spettatori da tutta Italia.

Montalvo Casini è stato per un paio di decenni il "genius loci" del Teatro Metastasio, ma anche uno dei punti di riferimento dei teatri italiani del ventennio che va dal 1965 al 1986. Ragioniere del Comune, venne distaccato al Met ad interim alla guida dell'appena restaurato teatro pratese. E la città scoprì uno dei più interessanti uomini di teatro del tempo. Casini rivoluzionò la concezione di spazio destinato alla prosa. Varò un gruppo incedibile che sotto la guida del critico Paolo Emilio Poesio, diede vita a una scuola, prima, e a una vera e propria mini compagnia stabile poi. Si chiamerà "Il Teatro Studio del Teatro Metastasio". Nel frattempo Casini intrecciò contatti con i più importanti teatri d'Europa, e non solo per la prosa ma anche per il jazz. Chiamò ad esibirsi sul palcoscenico di via Verdi Duke Ellington e Jerry Mulligan ed Ella Fitzgerald, poi Ray Charles e Sara Vaugham. E arrivarono spettatori da tutta Italia. Ma fu ancora Casini che, stretta amicizia con Strehler, lo volle a Prato dove il fondatore del "Piccolo" metterà in scena "Nel fondo" di Gorky e si tratterrà per un paio di anni. Poi fu la volta di Ronconi, che grazie a Casini scoprì un nuovo spazio teatrale, debuttando al "Fabbricone" con "L'Orestea", e inaugurando una stagione sempre più ricca di avvenimenti nell'antica fabbrica di stoffe diventata teatro. Furono anni di ricco e intelligente lavoro che vedono alternarsi al Met, sempre grazie al grande impegno di questo ragioniere diventato un grande direttore di teatro, il gruppo del "Living Theatre", e Julian Beck e la moglie Judit Malina si legheranno a Casini con una ferrea amicizia, così come Peter Brook e tutto il gruppo degli sperimentalisti. Carmelo Bene, genio e sregolatezza della cultura italiana trovò in Casini una sorta di "addomesticatore" e di grande amico, e si rivolse poi a lui, sempre, per idee e consigli su certe messe in scena. Tanti sono gli episodi legati a questo direttore autodidatta, che rifuggiva le regole canoniche e si affidava alla sua intelligenza, al suo fiuto, alla sua capacità di tenere insieme uomini attori e registi. Capace di far quadrare i numeri, di dar forza all'arte e di fare di un teatro un punto di riferimento internazionale. Così tanti che meriterebbero un libro. u.c.

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