Immagine di Bino Binazzi
Fu poeta e saggista. Dotato di una vasta cultura, tenne rubriche di critica letteraria per vari periodici. A Firenze frequentò molti dei più bei nomi della cultura italiana dell'epoca: Svevo, Savinio, Marinetti, Palazzeschi, Moretti, Carrà, Morandi, Papini, Soffici e Campana, di cui curò la prima edizione dei 'Canti Orfici'.

Emigrato a Prato da Figline Valdarno all'età di vent'anni, Binazzi non riuscì a completare gli studi universitari per le ristrettezze economiche e dovette accontentarsi, per vivere, di lavorare a lungo come istitutore in vari collegi (tra i quali il Cicognini, dove ebbe modo di insegnare greco e latino al giovane Malaparte). Dotato di una vasta e solida cultura, tenne rubriche di critica letteraria per vari periodici e conobbe, frequentando il caffè fiorentino delle Giubbe Rosse, molti dei più bei nomi della cultura italiana: Svevo, Savinio, Marinetti, Palazzeschi, Moretti, Carrà e Morandi, Papini e Soffici, fino a Dino Campana, di cui intuì subito la grandezza, curando la prima edizione dei "Canti orfici". Buon poeta egli stesso e acuto saggista, Binazzi, temperamento schivo, non volle mai "promuovere" troppo la sua opera, anche se da questo gliene derivò una costante amarezza, con la sensazione di essere ingiustamente marginalizzato. Fra i suoi scritti più apprezzati, Cose che paiono novelle (1913) e La via della ricchezza (1919). In un'epoca in cui la massoneria attirava ancora gli spiriti liberi e non soltanto politici, militari, imprenditori, manager e professionisti, Binazzi fu iniziato a Prato, nel 1906, presso la loggia "Intelligenza e lavoro"; fu anche socialista, benché l'amico Soffici lo dichiarasse, pochi anni dopo la morte, un fascista convinto (forse per guadagnare un po' di benevolenza verso la figlioletta di lui, rimasta orfana di entrambi i genitori). Binazzi fu legatissimo alla sua città d'adozione, pur non nominandola spesso nelle sue opere; piace allora lasciare qui la sua figura melanconica con i versi di una delle sue rare serene poesie (Ciro Rosati e Arnaldo Brioni erano due noti insegnanti della R. Scuola professionale di tessitura e tintoria di Prato, poi Istituto Tullio Buzzi): «Io, Rosati e Brioni tre alchimisti atei o panteisti secondo le occasioni, in un momento di nostalgia ci s'era fatti monaci, ma monaci di lusso non frati da strapazzo, in una bianca badia detta del Buonsollazzo». s.f.

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